Ciao da Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie d’investimento di SoldiExpert SCF.


Settimana scorsa abbiamo finalmente attraversato la Cisa e in Borsa Italiana, a Piazza Affari, abbiamo tenuto una conferenza dal vivo come non succedeva da tempo, per effetto di tutto ciò che è successo negli ultimi 26 mesi per effetto del Covid.

 
 
 

C’è un prima e c’è un dopo e sicuramente quanto è accaduto in questo lasso di tempo ha segnato tutti e anche la nostra attività professionale.


Il tema della conferenza era “Best Portfolio: come costruire (e non) un portafoglio che regga allo stress dei mercati (e del proprio io)” e con Roberta, in un’oretta di tempo, (puoi vedere qui il video) abbiamo cercato di fornire quello che riteniamo la summa su questo argomento dopo tanti anni di attività e di studio e osservazione dei mercati. E del comportamento degli investitori ai su e giù della Borsa.


Non ho usato un linguaggio troppo tecnico (e mi scuso se l’uso di qualche parola colorita disturberà magari qualcuno, ma nell’era del politically correct è difficile controllarsi) e non ho cercato di addolcire troppo la pillola, raccontando che esiste un portafoglio “perfetto” per affrontare sempre serenamente i mercati. Né pigro (o lazy come dicono gli anglosassoni), né vivace.


Ho iniziato con la provocazione del “portafoglio Nostradamus” che è il portafoglio che tutti vorremmo sottoscrivere. Quello formato al 100% dall’asset class che è salita di più in un anno, fra azioni, obbligazioni, materie prime, oro.


Un semplice ribilanciamento annuale.


Lo scorso anno sarebbe stato investito al 100% per esempio sull’azionario immobiliare (+34,7), nel 2020 l’oro (+13,5%), nel 2017 l’azionario emergente (+20%), nel 2013 le aziende a bassa capitalizzazione (+26,7%), nel 2012 l’obbligazionario corporate a basso rating (+22,6%), quest’anno i titoli dell’energia…


Dal 2010 il portafoglio fatto conoscendo in anticipo i risultati avrebbe ottenuto una performance spettacolare del 1634% ovvero un rendimento medio annuo composto del 26% circa; oltre il doppio dell’azionario mondiale.


Ma ha stupito tutti (compreso me) sapere che detenere questo portafoglio non sarebbe stato “come bere un sorso d’acqua” o “aprire le finestre le sere d’estate” come canta Elodie, la Jennifer Lopez italiana.


Questo portafoglio Nostradamus avrebbe comunque accusato nel suo cammino fasi di discesa non proprio omeopatiche con una perdita nella fase più avversa di quasi il -22% (il cosiddetto drawdown).


Mica poco e non faccio fatica a pensare che diversi risparmiatori l’avrebbero mollato a un certo punto al suo destino.


Abbiamo confrontato questo portafoglio anche con altre 2 idee matte che ci sono venute in mente a titolo didattico.


I tre portafogli a confronto
 



Il portafoglio “Senno del poi” sarebbe stato invece costituito dall’avere in portafoglio al 100% l’asset class che è salita di più nell’ultimo anno. Lo scorso anno è salito soprattutto l’azionario americano? Allora nel nuovo anno metto al 100% l’azionario americano. L’anno precedente era salito soprattutto l’oro e allora all’inizio dell’anno 100% ancora di oro.


Funzionano veramente così molti portafogli che spesso esaminiamo dove i settori e i comparti alla “moda” o i fondi che sono saliti di più sono quelli che sono stati consigliati maggiormente ai risparmiatori con la gran cassa di buona parte dei report delle banche d’affari.


Questo portafoglio del “Senno del poi” dal 2010 a oggi (oggetto del confronto) numeri alla mano fa molto peggio del mercato (-3,18% punti percentuali in meno) e ha una volatilità perfino leggermente superiore a quella del mercato.


E ancora peggio fa il portafoglio teorico, dove avremmo investito sui brocchi ovvero il portafoglio “Contrarian” dove alla fine di ogni anno puntiamo sull’asset class che ha perso di più confidando nella “remuntada”.


Il “best” portafoglio (se non si vogliono raccontare favole e illudere nessuno) è insomma qualcosa ogni tanto di “bestiale” perché quando si investe (in azioni, obbligazioni, materie prime o qualsiasi asset vi viene in mente) non c’è mai nessuna sicurezza che durante il percorso a un certo punto ci si troverà ad affrontare una qualche battaglia. E’ sempre accaduto e sempre accadrà.


Ci sono però le evidenze della storia e del comportamento migliore che possono adottare gli investitori.


Nessuno può conoscere quali saranno le asset class migliori fra 3 mesi o un anno o 10 anni (nemmeno se qualcuno pensi che basti appiccicargli il termine “megatrend” sopra per sedurre maggiormente il pubblico) ma un portafoglio diversificato, fatto con ingredienti non troppo costosi (un aspetto importante spesso sottovalutato come abbiamo avuto modo di dimostrare), un corretto orizzonte temporale e metodo (che è il contrario di emotività) è un’idea da non scartare, anzi è fra le poche buone idee che hanno saputo reggere e creare valore.


Qualsiasi portafoglio vincente nel medio-lungo termine ha generato, in un periodo di osservazione di quasi 2 secoli, rendimenti superiori alla media, soprattutto una combinazione di azioni e obbligazioni. La diversificazione e l'inclusione di attività come per esempio materie prime e oro non è finalizzata sempre a un aumento del rendimento ma a una maggiore diversità e controllo del rischio.


Avere in portafoglio attività differenti correttamente ribilanciate genera, in modo quasi magico, nel tempo, risultati nettamente meno volatili di ciascuna singola asset class osservata singolarmente.


Ma non esiste la “magia” di ottenere rendimenti positivi, costanti e uniformi sui mercati…


Tutte le strategie e le asset class hanno i loro anni tribolati o “horribilis” e abbiamo voluto quindi parlare anche di “perdite” e non solo di “profitti” e del perché crediamo nella diversificazione fatta con azioni, obbligazioni ed ETF e non fondi (una macchina distruggi-risparmi incredibile) o certificati. E del perché la “pancia” invece prevale sulla “testa”.


Una cosa che ho imparato in tanti anni di professione e militanza sui mercati è che il comportamento di noi investitori conta molto più delle informazioni disponibili.

 

Stai bene, investi bene

 
 
 


 
 

Responsabile Strategie d'Investimento SoldiExpert SCF


 

COSA E’ SUCCESSO SUI MERCATI E NEL MONDO

 

ADDIO DIVIDENDO DELLA PACE, È L’ORA DEL RIARMO.

CHE ORA È ANCHE ESG

 
 
 


Una settimana ancora negativa per Wall Street mentre Piazza Affari nella settimana prima del D-Day (ieri sono stati staccati i dividendi di 19 importanti società quotate) ha mostrato perfino il segno positivo in un mercato che vede da inizio anno i segni rossi prevalere su quelli blu nella maggior parte dei mercati e delle asset class.

 
 
 

La settimana scorsa, Wall Street ha visto l’ottava settimana consecutiva di ribassi con l’indice S&P 500 che è arrivato brevemente a perdere il -20% da inizio anno e l’indice Nasdaq a sfiorare il -30%.


Qualche segnale positivo è arrivato all’inizio di questa settimana da una delle banche più importanti al mondo, JP Morgan, che ha descritto per bocca del suo stra-pagato CEO Jamie Dimon uno scenario non così a tinte fosche.


"L'economia statunitense è più forte che mai", ha affermato Dimon. Ciò si rifletterebbe nella continua forte crescita dei prestiti presso la sua banca. E questo anche se aleggiano nuvole temporalesche per l'economia statunitense a causa dell'elevata inflazione, dell'inasprimento della politica monetaria e della guerra in Ucraina e per questo Dimon di JP Morgan non si aspetta che una recessione sia imminente.


Se c’è invece un settore che mostra un andamento super positivo come non si vedeva da tempo questo è quello della difesa.


“Finché c'è guerra c'è speranza” non è solo il titolo di un film di Alberto Sordi del 1974 ma un concetto che fotografa bene l’andamento delle società quotate nel mondo operanti nel settore armi e difesa che a fronte di un mercato azionario da inizio 2022 fortemente discendente mostrano invece rialzi a 2 e anche 3 cifre.


Quasi tutti i governi hanno deciso di aumentare il bilancio per la Difesa e i massicci aiuti all’Ucraina contro l’aggressione russa prevedono non solo l’invio di sostegno finanziario a Kiev ma anche armamenti. E tutto questo sosterrà fortemente il settore secondo diversi analisti anche se come risulta evidente alcuni titoli hanno già incorporato in buona parte questo effetto con rialzi poderosi. Si veda per esempio la tedesca Rheinmetall, il più grande gruppo di armamenti tedesco, che da inizio anno ha visto le quotazioni salire di oltre il 130%.


In Germania il governo federale ha annunciato un bilancio speciale per la difesa e secondo il cancelliere federale Olaf Scholz, si dovrebbe investire di più nella sicurezza per proteggere la libertà e la democrazia tedesca e sono stati stanziati immediatamente già 100 miliardi di euro. Le discussioni sull'uso specifico dei fondi prevedono oltre a munizioni, carri armati, navi da guerra e aerei anche probabilmente uno scudo missilistico multimiliardario basato sul modello israeliano.


Da anni comunque si è notato un aumento globale delle spese militari: l'istituto di ricerca sulla pace di Stoccolma Sipri (Stockholm International Peace Research) pubblica i dati sulle più grandi compagnie di armamenti del mondo e a differenza degli anni precedenti questa classifica ora include anche le società cinesi. La classifica attuale si basa sui dati aziendali per il 2020.


L'inversione di tendenza è iniziata nel 2015. Da allora, gli investimenti nella difesa nazionale sono aumentati, secondo i dati del SIPRI. L'anno scorso sono stati 2.113 miliardi di dollari, un quinto dei quali è andato al conto europeo, gli USA hanno speso quasi il doppio e la Cina il 14%.


In questa classifica in Europa le aziende tedesche primeggiano ma al mondo in valore assoluto sono gli Stati Uniti a guidare questa classifica spendendo 778 miliardi di dollari, pari al 3,7% del suo prodotto interno lordo, ma soprattutto pari al 39% dell'intera spesa militare di tutte le nazioni mondiali (quasi 2000 miliardi di dollari).


Anche la Svizzera vuole aumentare il budget militare di 2 miliardi di franchi portandoli a 7 miliardi di franchi; l'ultima volta che ha speso così tanto nel 1992 a tassi di cambio costanti.


Il Paese che ha la spesa militare pro capite più alta di tutti sono gli Emirati Arabi Uniti, con 2.256,54 dollari per cittadino. Secondo posto per Israele (2.241 dollari) e terzo per gli Stati Uniti (2.240 dollari).


 

Per un lungo periodo di tempo si è parlato di “dividendo della pace” che oggi sembra proprio che ci siamo giocati. Un termine diventato popolare negli anni ’90 e usato allora soprattutto dal presidente degli Stati Uniti George Bush e dal primo ministro britannico Margaret Thatcher per descrivere i benefici economici che i loro stati e alleati avrebbero tratto da quella che sembrava la disintegrazione dell'Unione Sovietica.


Grazie al “dividendo della paceogni dollaro e sterlina che non sarebbero andati in difesa ovvero in spese per armamenti poteva invece essere investito in infrastrutture, istruzione o altri scopi non militari. La banca pubblica tedesca KFW (Kreditanstalt für Wiederaufbau) ha calcolato che dal 1957 i paesi dell'UE insieme hanno risparmiato 516 miliardi di euro ogni anno. Questo è l'importo a cui ammonta il dividendo annuale della pace in tutta l'UE.


Nel Dopoguerra per lungo tempo i budget destinati alla Difesa sono rimasti altissimi. Basti pensare che nel 1951 l’esercito americano aveva ancora un budget in spese militari pari al 14% del Pil, poi passato al 5% a inizio millennio contro l’attuale 3,7%.


L’attuale situazione in Ucraina ha dissotterrato l’ascia di guerra e tutto indica che i budget militari ritorneranno ad aumentare per diversi anni. E per i bilanci pubblici di molti Stati già tesi bisogna capire da dove arriveranno le risorse e Mario Draghi, il nostro premier, ha già chiesto all’Unione Europea di adeguare le sue rigide regole fiscali per consentire una maggiore spesa per la difesa ovvero uno sforamento del deficit.


Ma le spese per la difesa sono state “riabilitate” non solo nei bilanci pubblici.


Nel preparare la tassonomia sociale, l'Unione Europea aveva inizialmente pianificato di classificare la produzione di armi come insostenibile.


In tempi di investimento sostenibili ovvero ESG molti fondi avevano deciso negli scorsi mesi di escludere buona parte delle società produttrici di armi dalla lista degli investimenti nel caso un'azienda in quest'area avesse per esempio raggiunto una certa soglia di vendita. E oltre al criterio ESG le esclusioni avevano come riferimento ragioni per esempio etiche degli investitori.


Molte cose stanno cambiando ora con la guerra in Ucraina e la questione delle armi viene in modo crescente classificata come neutrale ovvero come una classe di attività che non deve essere esclusa di per sé dal punto di vista della sostenibilità.


Il titolo Leonardo (la principale società italiana del settore, ex Finmeccanica), per esempio, risulta già presente nell’indice MIB ESG e c’è ora fra gli addetti ai lavori chi considera queste società “sostenibili” visto che possono concorrere agli obiettivi Onu di pace, giustizia e istituzioni forti ovvero il mantenimento della pace.


Qualcosa che riguarda molto il vecchio detto latino: “si vis pacem para bellum” («se vuoi la pace, prepara la guerra»).


C’è insomma battaglia anche su questi argomenti e l’unico vero discrimine restano le armi di distruzione di massa e altre armi vietate (come le munizioni a grappolo e le mine antiuomo) che restano definitivamente escluse (speriamo) dagli investimenti sostenibili.


Ma sul tema degli investimenti cosiddetti sostenibili ed ESG ci sono sempre più cose che non tornano come già oltre un anno fra i pochi raccontavamo mettendo in evidenza diverse contraddizioni e rischi che si sono in molti casi materializzati.


Ne parleremo prossimamente anche perché l’argomento riguarda a questo punto tutti i risparmiatori nessuno escluso visto che dal 2 agosto 2022 la normativa europea (fra le più complesse che una mente umana regolatoria poteva ipotizzare in questo campo) prevede una serie di obblighi per tutte le banche, gli intermediari e i consulenti che dovranno obbligatoriamente intervistare i propri clienti su questi temi e chiedere le loro preferenze riguardo i temi della sostenibilità.


E ci sono molte cose che ancora oggi non tornano anche se pochi ne parlano e l’argomento è diventato evidentemente “scottante”.




 

ILVIDEO DELLA SETTIMANA

 
Il miglior portafoglio per investire? Eccolo - Conferenza TolExpo 2022
 
 

La conferenza di Salvatore Gaziano e Roberta Rossi (fondatori di SoldiExpert SCF) tenutasi a TolExpo 2022 direttamente nella sede di Borsa Italiana dal titolo: “Best Portfolio: come costruire (e non) un portafoglio che regga allo stress dei mercati (e del proprio io)”


Una riflessione a tutto tondo sulle strategie migliori e peggiori di portafoglio, il comportamento tipico osservato di molti investitori e le evidenze statistiche dei mercati e cosa ci suggeriscono.

 
 
 

COSA ABBIAMO PUBBLICATO SU SOLDIEXPERT LAB

 
 
 

In pieno lockdown, ad aprile 2020, abbiamo creato SoldiExpert Lab, un canale a pagamento (a partire da 3 euro al mese), per condividere analisi, report e il meglio della ricerca finanziaria che riceviamo da tutto il mondo, sintetizzando quello che ci appare più interessante per gli investitori. E abbiamo deciso di devolvere interamente i proventi di questa attività in iniziative di beneficenza, contribuendo a progetti nel Terzo Settore, di onlus che abbiamo deciso di sostenere, offrendo naturalmente totale tracciabilità di tutti i versamenti effettuati.


E anche tu puoi diventare un mecenate e finanziatore di questo canale sulla piattaforma Patreon, potendoti disiscrivere quando ti va se cambi idea nel mese.


Ecco alcune delle cose più rilevanti che abbiamo pubblicato sul nostro canale SoldiExpert LAB nell'ultima settimana:

 
 


 
 

FERMOPOSTA

 
 
 
 

Hai una dritta su qualcosa su cui io o i miei colleghi analisti e consulenti finanziari dovremmo indagare?


Vuoi dare un parere su quello che hai appena letto?


Non vedi l'ora di dirmi che mi sbaglio su qualcosa? Rispondi a questa e-mail e vedrò il tuo messaggio.

 
 
 

LA CITAZIONE DELLA SETTIMANA

 
 



Cambiano i governi niente cambia lassù, c'è un buco nello Stato dove i soldi van giù, svalutation.


Adriano Celentano


 

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